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miércoles, 29 de marzo de 2017

Mosca, i Testimoni di Geova nel mirino della censura: "Sediziosi, minano l'armonia sociale"

Incombe il colpo finale: il bando totale dalla Federazione russa. “Lo ha chiesto il ministero della Giustizia alla Corte suprema. Ci è stato appena notificato. Non conosciamo ancora la data d’inizio del processo, ma sappiamo già come andrà a finire". Le vessazioni sono iniziate nel 2007 con i controlli a tappeto nei confronti delle associazioni religiose

 

MOSCA - Dopo dieci anni di battaglie legali, sequestri di Bibbie, raid durante le funzioni domenicali e gli incontri di preghiera casalinghi, ora sui Testimoni di Geova incombe il colpo finale: il bando totale dalla Federazione russa. “Lo ha chiesto il ministero della Giustizia alla Corte suprema. Ci è stato appena notificato. Non conosciamo ancora la data d’inizio del processo, ma sappiamo già come andrà a finire. Finora in aula abbiamo già perso sette cause”, rivela amareggiato a “Repubblica” Yaroslav Sivulskij, portavoce della congregazione in Russia.

L'accusa: "Estremismo religioso". La magistratura russa accusa i Testimoni di Geova di “estremismo religioso”, settarismo, “incitamento all'isolamento sociale” e di minare l’armonia della società, dividere le famiglie e indottrinare i più giovani. Vieta inoltre le pubblicazioni dei Testimoni di Geova, considerate “sediziose”, perché “dipingono le altre religioni in chiave negativa” o invitano gli uomini a evitare il servizio militare. Le vessazioni sono iniziate nel 2007 quando il viceprocuratore generale ha chiesto a tutti gli uffici di lanciare controlli a tappeto nei confronti delle associazioni religiose dei Testimoni di di Geova di “estremismo religioso”, settarismo, “incitamento all'isolamento sociale” e di minare l’armonia della società, dividere le famiglie e indottrinare i più giovani. Vieta inoltre le pubblicazioni dei Testimoni di Geova, considerate “sediziose”, perché “dipingono le altre religioni in chiave negativa” o invitano gli uomini a evitare il servizio militare. Le vessazioni sono iniziate nel 2007 quando il viceprocuratore generale ha chiesto a tutti gli uffici di lanciare controlli a tappeto nei confronti delle associazioni religiose dei Testimoni di Geova. L'anno prima, tra le attività estremiste vietate per legge, era stato incluso “l’incitamento alla discordia religiosa”. Tre anni dopo, la congregazione di Taganrog, nel Sud della Russia, è stata dichiarata “estremista”, e perciò bandita, e le sue pubblicazioni sono state vietate. Negli anni altri gruppi regionali sono stati chiusi, a Samara e Abinsk, e i volumi messi al bando sono diventati 88 e talora, racconta Sivulskij, “sono stati piazzati ad arte nel corso di raid nei nostri luoghi di culto per avere il pretesto per chiuderli e incriminare i fedeli”.

Un qualcosa che rievoca ilpassato. Un anno fa, a preludio dell’ultima offensiva, al quartier generale dell’organizzazione a San Pietroburgo era stato intimato di cessare ogni attività, ordine che i Testimoni di Geova avevano provato a sfidare in tribunale venendo però respinti definitivamente lo scorso gennaio. Poi il bando in cinque regioni: Belgorod, Birobidzhan, Elista, Orjol e Staryj Oskol. Infine l’obbligo lo scorso mese di consegnare la lista di 2.277 ministri a capo delle varie congregazioni, cosa che i Testimoni di Geova finora si sono rifiutati di fare. Ora, appunto, l’assalto finale che rievoca tristemente il passato. “Stiamo tornando all’era sovietica quando i Testimoni di Geova erano perseguitati e costretti all’esilio”, commenta Sivulskij, 48 anni, al telefono dalla città sulla Neva. “I miei genitori hanno trascorso 15 anni in esilio in Siberia. Mio padre, oggi ottantaquattrenne, ha passato sette anni in prigione tant’è che ha ottenuto lo status di “vittima di repressione””. Oltre al bando, i Testimoni di Geova - che in Russia contano 175mila fedeli - temono anche il clima di odio e sospetto scatenato dalla campagna governativa.


E ora si teme il peggio. Prefigurando il peggio, la scorsa settimana il leader dei Testimoni di Geova, Vasilj Kalin, aveva scritto una lettera al capo del Consiglio del Cremlino per i diritti umani Mikhail Fedotov, affinché scongiurasse un eventuale bando totale, ma l’appello

sembra caduto nel vuoto. “Col crollo dell’Urss – ricorda Yaroslav – sembrava che avessimo riconquistato la libertà, ma non è così. Andremo in prigione di nuovo, perché non possiamo smettere di pregare, obbediamo a Dio non agli uomini”.

 

 

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