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martes, 14 de agosto de 2012

Testimoni di Geova vicini di casa: radio ad altissimo volume e bestemmie sono offese alla religione

http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/responsabilita-sicurezza/news/articolo/lstp/464570/

 

Nessun luogo di culto ‘ufficiale’, ma un appartamento utilizzato dai Testimoni di Geova per l’assemblea dei fedeli. Eppure le offese espresse da un uomo che vive – con la moglie – in un appartamento vicino sono da collocare non certo nella categoria ‘pessimi rapporti di vicinato’...  Fondamentali modi e tempi, ossia la coincidenza delle azioni violente dell’uomo con le funzioni religiose e con l’azione di proselitismo svolta dai fedeli (Cassazione, sentenza 18804/12).

 

Gli episodi risalgono al lontano 2002, la prima pronunzia al 2008 - annullata in Cassazione - e oggi ancora una tappa in terzo grado. A distanza di dieci anni dai fatti, in ballo è ancora la responsabilità di un uomo per le offese espresse verso i Testimoni di Geova, che usavano riunirsi in un appartamento vicino. Radio ad altissimo volume durante le funzioni religiose; bestemmie, imprecazioni e minacce; pietre lanciate contro alcuni ministri di culto; e, giusto per non farsi mancare nulla, finanche «un cartellone asserente la irregolarità urbanistico-edilizia dell’edificio adibito a luogo di culto dei Testimoni di Geova».

 

Eppure, in primo grado, l’uomo era stato assolto dalle accuse di offesa a una confessione religiosa. A rimettere tutto in discussione la Cassazione nel 2008, con l’annullamento della pronuncia di primo grado. E, poi, a ribaltare la prospettiva la Corte d’Appello, con la condanna dell’uomo a due mesi di reclusione: evidente, secondo i giudici, l’obiettivo di offendere la confessione dei Testimoni di Geova. Adesso, però, a riportare la vicenda in Cassazione è proprio l’uomo, che propone una tesi assolutamente alternativa: i gesti compiuti vanno collocato «in rapporti di vicinato» pessimo e «non di dissenso religioso».

 

Ma, secondo i giudici della Cassazione, sono i fatti a dimostrare l’esatto contrario: non a caso, le «condotte offensive» sono coincise «con lo svolgimento delle funzioni religiose e con le condotte dei credenti, intese a realizzare la frequentazione dell’edificio di culto». E, a questo proposito, gli aggiornamenti di legge più recenti hanno chiarito che l’illecito penale va addebitato non solo per «le offese in danno alla religione cattolica» ma anche per quelle «recate in danno di altri culti». Assolutamente legittima, quindi, la condanna emessa in Appello, condivisa in Cassazione: a salvare l’uomo, però, è la prescrizione.

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