13 novembre 2012
La trasfusione gli aveva salvato la vita, ma non la mano destra amputata dopo un incidente sul lavoro. Ora l'ex paziente, un testimone di Geova, ha denunciato due medici che lo hanno salvato nel 2006.
IL GUP SI RISERVA DI DECIDERE - Il caso è arrivato martedì mattina davanti al gup Luisa Ferracane che si è riservato la decisione dopo che il pm Andrea Padalino ha chiesto l'archiviazione, mentre i legali dell'uomo hanno presentato opposizione. I medici, in servizio all'ospedale Maria Vittoria di Torino, prima di intervenire avevano chiesto l'autorizzazione a un trattamento sanitario obbligatorio al magistrato di turno. Non è infatti possibile, per la legge italiana, sottoporre una persona cosciente a cure contro la volontà.
17 RIFIUTI - Secondo i suoi difensori, l'uomo rifiutò per 17 volte la trasfusione prima che questa gli fosse praticata in modo forzoso. I due medici ora rischiano di andare a giudizio per lesioni colpose, violenza privata e somministrazione di trattamento sanitario non voluto. Il pubblico ministero, prima di chiedere l'archiviazione, aveva presentato gli esiti di una consulenza che confermava la necessità della trasfusione per salvare l'uomo.
LA RELIGIONE E I PRECEDENTI - I testimoni di Geova rifiutano trattamenti come le trasfusioni perché le ritengono un «abominio» sulla base di alcuni versetti della Bibbia (dal Levitico, 17:10-11 e 17:14 e dalla Genesi, 9:4). I risarcimenti ai testimoni per trattamenti non desiderati non sono insoliti in Italia. A Milano, nel 2009, un uomo fu trasfuso suo malgrado e ottenne il risarcimento perché fu legato con cinghie di contenzione. Lo scorso anno, invece, una donna di Bordighera morì per aver rifiutato il trattamento nonostante la figlia si fosse rivolta a un tribunale.
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